LA DISTRUZIONE DI BUSSANA
(dalle memorie autografe del Servo di Dio Don Francesco Lombardi)
Parte Prima - §§ I - VIII
Accingendomi a raccontare la dolorosa storia della distruzione totale del nostro caro paese di Bussana, non è certo mia intenzione divagare dall'argomento studiando le ragioni sismiche per le quali fummo distrutti più di qualunque altro paese, ovvero raccontando cose che, all'argomento non si addicano.Io invece non farò altro che accennare e descrivere in breve quanto avvenne nella terribile giornata del 23 Febbraio, in modo così scrupoloso che mi asterrò perfino dall'accennare a più di una pagina gloriosa del nostro passato.Tanto meno, poi, il mio dire sarà contornato da un che di vago e fiorito, ma (perché povero parroco di campagna non sono da tanto a ciò fare, come perché mi parrebbe delitto) sotto l'impulso del dolore, del pianto. Sappiamo, infatti, quanto fummo disgraziati e quindi degni di compassione.
- II
Bussana, circondario di San Remo, mandamento di Taggia, sorgeva sopra il cocuzzolo di un monte, distante dal mare non più di venti minuti. Prima del terremoto, lo si potea chiamare un paese veramente felice. Avevamo una chiesa assai bella, e che, a forza di sacrifizi, avevamo abbellito tanto. Avevamo tutti una casa da abitare, un campo, una vigna, un oliveto da coltivare e tutto il necessario per vivere.
Una cosa, poi, che ci rendeva felici più ancora, era la buona armonia che regnava fra tutti i paesani, per cui si poeta dire che, in Bussana, non si conoscevano le discordie, e segnatamente quelle gare di partiti che, purtroppo, infettano e rovinano molti dei paesi di questo nostro Circondario e Provincia. Disgraziatamente, tanta felicità, unita ad un clima purissimo dovea cambiarsi, in pochi secondi, in amarissimo pianto. Ed eccomi a dire come avvenne la nostra rovina totale.
- Cap. III
Spuntava ormai l'aurora del giorno 23 Febbraio 1887. I fedeli in parte erano già accorsi alla funzione delle ceneri, che era incominciata da pochi momenti, e in parte si disponevano a farlo. Il Reverendo Canonico quaresimale Fresia della Colleggiata di Pieve di Teco stava per salire sul pulpito, quando, d'improvviso, si ode una furia di vento terribile che proseguiva con terribilissimo crescendo; la terra si scuotè dalle fondamenta, traballò nei cardini in modo spaventosissimo, ondeggiò a lungo… a lungo sussultò… e poi si aggirò intorno a se stessa vorticosamente…
Conobbi subito il pericolo e gridai ben forte e ripetutamente: “Cuore di Gesù salvaci!…” Pareva proprio il finimondo e confesso che, per un momento, lo credei…
Che se a tutto quanto si aggiunge il fracasso prodotto dal crepitare dei legnami, dei ferri che si si spezzavano, dal cadere delle case, della chiesa, si avrà sempre più una triste rimembranza di quel momento orribile…
Quando tutto fu finito accesi una candela onde portarla nelle balaustre e vedere di infondere qualche poco di coraggio ai fedeli…Pensai a tutti quelli che si trovavano in chiesa, pensai a quelli che erano fuori... pensai ai miei cari Genitori.
Dopo tutto si capirà, adesso, la ragione di tanta distruzione; gli scienziati della materia hanno detto che il terremoto durò 23 secondi, ma chi scrive non crede esagerare dicendo che passò i 30 e tale, almeno da noi, è l'opinione generale… 30 secondi bastarono per distruggere il lavoro di tanti secoli, rapirci tante persone care, distruggere tutte le nostre masserizie, vino, olio, denari, ecc. e noi gettarci tutti in mezzo alla campagna a soffrire ogni sorta di privazioni, senza sapere quando avrà fine sì lacrimevole stato di cose!...
Oh! si dica pure quello che si vuole: che il paese aveva già sofferto nei terremoti degli anni 1831 e 1854, che le case erano vecchie e senza fondamenta, ma, pur ammettendo ogni cosa, dico che anche gli altri paesi limitrofi a noi avranno sofferto per terremoti passati e le case non saranno migliori di quelle che avevamo noi che, se fummo distrutti di preferenza, vuol dire che la scossa fu maggiore senza paragone.
E fortissima fu davvero! In quel momento, avendo appena terminato di imporre le ceneri, io ero ritornato all'altare per dire l'ultimo Oremus d'uso e fu fortuna che io indovinassi subito la causa di quell'inaudito rumore e fuggissi a ripararmi sotto l'arco della porta della sacristia gridando: "terremoto!”, primo perché una pietra, senza aver potuto capire da dove sia venuta, venne a battere sul messale davanti a cui io stavo e ne bucò 50 e più facciate e, secondo, perché i fedeli vedendo fuggire il parroco fuggirono essi pure ritirandosi alle cappelle laterali e così poterono essere salvi dalla caduta del volto della chiesa.
Bene inteso che il volto non precipitò al primo scuotimento di terra come a Bajardo e Castellaro, ma dopo un momento, cioè quando il terremoto si cambiò in sussultorio.
Per quanto non sia cosa credibile, di quanti eravamo in chiesa, nessuno avvertì la caduta del volto; udimmo tutti un po’ di fracasso, fummo tutti, tosto, ricoperti di polvere ma nessuno pensò possibile tanto guasto.
A questo punto io dovrei descriver le grida di dolore, di spavento, che si udirono durante la scossa, ma vi rinuncio, solo non auguro a nessuno che abbia mai più a trovarsi in simili angosciose e dolorose circostanze… e dico ben forte che, quanti le udirono, ne parleranno sempre col sangue agghiacciato… come sarà un continuo tristissimo ricordo quel terribilissimo momento.
- IV
Disgraziatamente il guasto non doveva limitarsi alla sola chiesa, la caduta del volto della chiesa non doveva essere il sol male.Tutto questo ben lo seppero coloro che abitavano le rocche (che è la parte superiore del paese) ed i loro parenti che abitavano le fascette (che è la parte inferiore del paese) nei confronti dei quali la chiesa era proprio nel mezzo del paese.Dico quelli delle rocche perché videro cadere tutte le loro case e le rovine turare le strade per modo che rimasero chiusi in mezzo ai muri che crollavano di continuo…
Ho detto, quei delle fascette, in quanto che, essendo accorsi per arrecare soccorso ai loro parenti, ne furono impossibilitati per non trovare più alcuna strada che alle rocche facesse capo…
Tale triste episodio, ancora adesso non si può raccontare, ovvero udire, senza piangere… “Tutti gridavamo ‘soccorso! - mi diceva uno di quegli infelici - fuggivamo da una parte all'altra, e non vi era modo di poterci mettere in salvo, cadevano continuamente delle case, alle rovine si aggiungevano rovine, e noi fuggivamo un pericolo per andare incontro ad un altro ancora più grave…” Poi le grida dei sepolti, dei feriti, i pianti dei superstiti che avean veduto schiacciato, al loro fianco, il padre, la madre, il fratello, la sorella, lo sposo…!
Tante angosce si prolungarono con una seconda scossa, che fece di nuovo tanto danno e seppellì tanti altri nostri cari, che si trovarono a lungo lassù a gridare, a piangere… Finalmente trovarono la porta di una stalla che comunicava con un'altra stalla, e così poterono giungere in piazza, e, dalla piazza salvarsi in aperta campagna…
- V
Il fuggi fuggi di quei delle rocche fu qualche cosa di straziante.
In quel momento io mi trovavo in mezzo alla piazza acccanto ad un povero uomo che aveva rotte tutte e due le gambe, quando, d’improvviso, dalla stalla menzionata di sopra, vedo uscire uno tutto coperto di polvere: aveva gli occhi stralunati, gridava come un ossesso e piangeva forte perché suo padre era morto. Appresso a lui seguivano altri, e poi altri ancora… Erano tutti irriconoscibili… Altri portavano in spalle dei cari cadaveri, altri accompagnavano dei feriti, altri, feriti essi stessi, si strascinavano per terra pur di giungere in salvo.Certa Luigina Rolando in Lupi precipitò assieme al letto, dove giaceva ancora, dal quarto piano fino per strada rimanendo letteralmente coperta dalle rovine. Un pietoso accorse a levarle di dosso poche pietre ed essa fece il rimanente, poi si levò in piedi, entrò in una casa lì vicino, si vestì di roba d'altri e via. Quando passò di mezzo alla piazza pareva un vero mostro: era tutta una piaga e sanguinava da tutte parti.
Certo Torre Luigi cadde egli pure dal quarto piano in una stalla. Ebbe una gamba spezzata sotto il ginocchio e, con tutto ciò, si mise in salvo appoggiato al braccio di sua madre. Si strascinava con una sola gamba e colle mani sosteneva quella spezzata. Sembran cose impossibili, da romanzi, ed anche noi quando udimmo il disastro Casamicciola, avvenuto nell'anno 1883, ci pareva leggere un romanzo, ma pure…
Una cosa che non farà meraviglia, ma che credo bene notare, si è che, oltre all'essere quasi tutti irriconoscibili, erano tutti come istupiditi per modo che, interrogati, o non ti udivano, o ti mettevano in faccia due occhi che ti facean paura, ovvero rispondevano con dei controsensi.
- VI
Se molti dalle rocche fuggivano, molti rimasero e molti vi accorsero dalle fascette appena fu loro possibile. Vi rimasero tanti feriti, vi accorsero i coraggiosi onde portare un soccorso purtroppo troppo necessario.
Dappertutto non si udivan che grida di soccorso, pianti e lamenti di feriti, rantoli di agonie. Qui si vedeva un uomo morto, dalla testa spaccata, là una donna schiacciata, altrove poveri fanciulli prostrati interiormente. Da destra ti sentivi chiamare "ajuto!” e "ajuto!” gridavano da sinistra. Ora era un povero vecchio che, avendo rotte le gambe, non poteva più muoversi ed ora una povera donna schiacciata, alla quale era sprofondato il pavimento ed era rimasta in un angolo e non sapeva più dove fuggire.
Scene strazianti: il dolore di certe madri che non volevano fuggire perché lì sotto giaceva morta la loro cara figlia…le grida di povere figlie che, o morto o vivo, volevano vedere il loro padre, la loro madre, che il terremoto aveva tolto dal loro fianco e coperto di rovine… Ed oh, mio Dio, quindi che terribili momenti furono quelli…!
E si aggiunga che, intanto, la terra parea traballasse di continuo e di continuo cadevano macerie…! Momenti che, lingua umana non vale a descrivere e la cui memoria desta continuamente un senso di ribrezzo che ti opprime e, senza accorgertene, ti senti bagnati gli occhi di pianto, di quel pianto che solo un vero dolore preme dalle più intime latebre del cuore.
- VII
Che se alle rocche succedevano simili scene di dolore, non è a credere che ne succedessero meno alle fascette. Perocché, quantunque sia vero che non vi fu tanta rovina, pure, per la maggior parte, sprofondarono i volti delle case per modo che, se rimasero salvi, fu un vero miracolo.
Intanto la gente fuggiva, fuggiva ed una sola era la domanda di tutti: “siete salvi? oh, poveri noi!” e via di corsa…
In pochi minuti il paese fu vuoto di persone. Uomini, donne, fanciulli, tutti si ritirarono in una vigna della prebenda parrocchiale a piangere tanta rovina.
Nel paese non vi rimasero che i coraggiosi. Si divisero in tante squadre: parte si diedero a scavare nella chiesa onde dissotterrare i sepolti e parte si divisero in paese, in quei luoghi dove era supponibile ci fossero dei cadaveri o dei feriti.
Quale fu il risultato dei loro coraggio, della loro carità, del loro sacrifizio? Nella chiesa non appena si cominciò a scavare uscì viva una giovane ventenne. Il primo a vederla e tirarla su fu il padre della giovinetta, il quale piangeva a più non posso e forsennato dal dolore chiamava la sua cara Pietrina. Si può crederlo? Eppure è così: egli non la conobbe, come non la conobbero altri che si trovavano lì a compiere quel doloroso ufficio e fu lasciata andare via tutta sola onde non perdere un tempo troppo prezioso.
Difatti. dopo pochi istanti, ecco un'altra giovane, anch'essa ventenne, di nome Angela Novella, uscire di sotto alle rovine. Pareva un'ombra che uscisse dalle catacombe… La poveretta era tutta sana nel corpo e conscia di se stessa, solamente una mano le cadeva giù a penzoloni e dava molto sangue. Ivi presente si trovavano il padre e la madre, e lascio immaginare come se l'abbracciassero…
E poi?… e poi si continuò a scavare di gran lena e fu estratto il cadavere di un'altra figlia… Povera Angela Torre!… Aveva ricevuto proprio allora le sacre ceneri e la morte la colse mentre stava facendo una preghiera al Sacro Cuore di Gesù di cui era molto divota. Si trovava al lato della Novella summenzionata, giovani figlie tutte e due. Giunta nel banco si rivolse alla compagna - che era l'Angela nominata di sopra - e le disse: “Vuoi che ti racconti una cosa di un giovane?…”: ma si trattenne d'improvviso, “no – soggiunse - preghiamo piuttosto, siamo in chiesa, te la racconterò un'altra volta, ora voglio recitare la preghiera al Sacro Cuore di Gesù…” e recitando tale preghiera comparve improvvisa al tribunale di Dio, mezzo minuto dopo era già freddo cadavere. Povera Angiolina, ancora qualche mese e doveva essere sposa…
Dopo la Torre si trovò il cadavere di un'altra donna, certa Catterina Natta in Donetti, e poi un uomo, certo Bernardo Torre, con la testa tutta schiacciata che facea pietà…
Si continuò a scavare, a rovistare in ogni angolo, ma non si rinvennero più né cadaveri, né feriti.
Fu un vero miracolo che nella chiesa vi fossero rimaste così poche vittime, pur ammettendo che, essendo allora cominciata la funzione, pochi erano ancora gli accorsi; guai se il terremoto avesse tardato ancora dieci minuti! poteva succedere il peggio, sebbene sia verissimo che il volto della chiesa crollò giù per intero quando il terremoto si cambiò in sussultorio.
Pare impossibile che i fedeli abbiano avuto tanta presenza di spirito da indovinare subito il pericolo, e fuggirlo ritirandosi nelle cappelle laterali, nei confessionali, ecc ecc. Tanto più se si pensa che, molti, confessano di essere fuggiti senza sapere di fuggire, d'essersi trovati in salvo senza aver pensato al pericolo che loro sovrastava.
- VIII
Eguali risultati ottennero nelle loro ricerche le squadre di coraggiosi che si aggiravano alle rocche, perocché molti furono i cadaveri che dissotterrarono, molti i feriti che misero in salvo. Tra questi merita speciale menzione il modo con cui furono salvati cinque figli di Domenico Calvini.
Questa famiglia al momento del terremoto si trovava ancora tutta a letto. La loro casa fu distrutta per modo che non rimasero in piedi neppure i muri maestri. Per conseguenza si capisce che rimasero tutti sotto le rovine. Il padre, la madre ed un figlio di dodici anni morirono sul colpo, gli altri cinque figli: Luigi, Antonietta, Angela, Rosolinda e Domenico rimasero vivi, ma talmente coperti che non potevano muovere un dito. Però potevano respirare tanto d'aria da non morire così presto asfissiati.
Fu allora che la sorella maggiore Antonietta, rivolta agli altri fratelli disse: “Preghiamo, e che la morte ci tolga invocando la Madonna SS.ma, facciamo l'atto di contrizione …”; pregano tutti in coro e, al termine, il fratello maggiore grida che non ne può più, che gli manca il respiro al che la sorella: “fratello - gli dice - coraggio, raccomandiamoci al Signore e diciamo il Miserere pel povero nostro padre e per la madre e per fratello Vincenzo, che sono già morti, e per noi in antecedenza”… “Ma io non so il Miserere”, risponde il fratello maggiore, al che la sorella: “io lo dico a voce alta e voi ripetete”. E cominciarono il salmo dei defunti su quella che stava per essere la loro tomba e già la era dei loro cari.
Giunti a metà del salmo, il fratello maggiore emette un grido: “io muoio, non ne posso più”: segue il rantolo dell'agonia che dura pochi minuti e poi silenzio di morte… E la sorella maggiore: “facciamoci coraggio, moriamo bene, il padre, la madre ed i nostri due fratelli sono già morti e noi moriremo tra poco, raccomandiamoci alla Madonna”: ed incominciarono l'Ave Maria”.
La Antonietta continuava ancora ma nessuno rispondeva più, ed essa stessa intese che la sua ora era vicina… Fece ancora uno sforzo: “Santa Madonna ajutaci tutti!…”
Aveva appena terminato la preghiera quand’ecco giungono vari giovani attratti dalla sua voce. In men che nol dico tolsero loro di dosso i rottami e li portarono in salvo tutti e cinque, compreso il fratello maggiore che fecero rinvenire dall'asfissia nella quale era caduto.Di simili fatti se ne potrebbero raccontare più di uno.
Anche alle rocche non si sa capire come abbiano potuto salvarsi tanti e tante che precipitarono dal terzo e quarto piano, fino giù nella stalla, rimasero coperti di rovine e nonostante tutto furono scoperti e sopravvissero…
Ho detto non si sa capire, ma tu devi ben saperlo, o Cuore amabile di Gesù, oh certo tu esaudisti la nostra preghiera. Tu ricordasti le tante che facciamo in tuo onore durante l'anno e quindi tu dicesti all'Angelo sterminatore di usare misericordia e di salvare.
E sta: i morti furono 54 e 40 i feriti, e tutti diciamo, e con noi lo dicono quanti forestieri vengono in Bussana: in confronto alle rovine i morti sono relativamente pochi.
E vada un caro saluto ai valorosi, che, col loro coraggio ed abnegazione tolsero alla morte tante vittime, portarono in salvo tanti feriti.